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Disturbi dell’alimentazione e giornata del fiocchetto Lilla

Istituire una giornata sui disturbi dell’alimentazione significa mettere al centro dell’attenzione persone che tentano di far scomparire sè stessi insieme alle loro emozioni e paure.

Il 15 Marzo viene celebrata la giornata del Fiocchetto Lilla in memoria delle oltre 3200 morti che avvengono in Italia per Disturbi Alimentari ogni anno. I numeri delle persone che ne soffrono sono in costante crescita, e, in epoca Coronavirus, si è avuto un incremento di circa il 30%. La complessità che si cela dietro tali disturbi richiede l’interazione tra più figure professionali: psichiatra, psicoterapeuta, endocrinologo e nutrizionista/dietista/dietologo costituiscono un team efficace.

Per la classificazione dei disturbi del comportamento alimentare si fa riferimento alla quinta edizione del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” dell’American Psychiatric Association.

Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata, ortoressia e vigoressia sono i più diffusi, ma esistono anche una serie di alterazioni della condotta alimentare sottosoglia, che non soddisfano in pieno i criteri di diagnosi, ma che sono caratterizzati da manifestazioni cliniche significative.

Le alterazioni della condotta alimentare, a seconda del disturbo cui si fa riferimento, possono essere eccessivamente restrittive fino ad arrivare a digiuni completi sostenuti per più giorni, oppure si caratterizzano per assunzioni incontrollate di notevoli quantità di cibo in un lasso di tempo ristretto (abbuffata).

Chi ne soffre può anche adottare condotte di compenso come, ad esempio, lassativi e/o diuretici per eliminare quanto assunto, indursi autonomamente il vomito oppure praticare sport ad alta intensità per diverse ore al giorno.

Anche un’esagerata attenzione, quasi maniacale, delle caratteristiche dei cibi introdotti può diventare pericolosa.

Spesso, all’ossessione per ciò che si mangia sottende una visione distorta del proprio aspetto fisico (dismorfofobia), che porta la persona a vedere la proprio immagine riflessa allo specchio troppo grande oppure, come avviene nella vigoressia, troppo minuta.

Naturalmente, questa eccessiva attenzione per il proprio corpo, nata a volte quasi per caso dopo una dieta per perdere pochi chili, nasconde dei meccanismi inconsapevoli in grado di nascondere il problema reale, facendo passare in secondo piano un dolore che non riesce ad esprimersi a parole, spesso dovuto ad un conflitto di relazione con sè stessi, la famiglia ed il mondo esterno.

In particolare, in chi soffre di anoressia, prevale un atteggiamento di chiusura rispetto alle proprie emozioni, tanto da ignorare e disconoscere anche la sensazione della fame; nella bulimia, c’è un tentativo di riconoscimento e approccio alle sensazioni provenienti dal mondo esterno, che sono mal gestite ed interpretate come sintomi somatici (nervosismo, agitazione, preoccupazione).

In questo articolo non tratterò le conseguenze che questi comportamenti autolesivi posso determinare sulla salute della persona.

Preferisco approfondire le possibili strategie per il miglioramento del problema: anche se per coloro che stanno vivendo l’inferno dei DA (o DCA nella vecchia nomenclatura) può sembrare una visione utopistica, una guarigione è possibile.

Psicologo e psichiatra sono spesso figure indispensabili per far fronte a questa condizione, dato che il primum movens di tali patologie è da ricercare proprio nella sfera emotiva e nella psicopatologia; gastroenterologi, endocrinologi, cardiologi sono necessari rispettivamente per verificare che l’apparato enterico sia ancora in grado di assorbire le sostanze nutritive introdotte, che l’organismo abbia conservato la capacità di elaborare le corrette risposte ormonali e che l’organo cardiaco non sia stato danneggiato da questo forte stress causato da condotte alimentari inconsuete.

Il professionista dell’alimentazione non deve tener conto solamente del fabbisogno calorico giornaliero della persona che ha di fronte, ma ha il compito di rieducare chi soffre di DA attraverso un ascolto attento ed empatico, concordando di volta in volta strategie e obiettivi attraverso un piano nutrizionale elastico e adeguato per porzioni e classi di ciascun alimento, intercettandone anche gli aspetti emotivi.

Il primo obiettivo è non spaventare la persona con eccessive variazioni ponderali.

All’inizio del percorso nutrizionale gli incontri sono solitamente ravvicinati, proprio per far vedere e capire che non ci sarà perdita di controllo rispetto al peso, e apprezzando, dai piccoli risultati ottenuti, una sempre crescente sicurezza in sé stessi.

Spesso chi soffre di questa patologia è ostaggio del cibo e ad una iniziale presunzione di riuscire sempre a gestire la situazione si cade poi nello sconforto di non avere le risorse necessarie per risolvere il problema.

L’uso degli strumenti di misura (bilancia, plicometro, adipometro, centimetro, BIA), oltre a sorvegliare sulla salute della persona, ha la funzione di rimandare una visione oggettiva dell’immagine reale del paziente.

Spesso le patologie dei disturbi dell’alimentazione sono caratterizzate da dispercezione corporea (visione non oggettiva delle proprie forme).

È necessario aiutare la persona a riscoprire il piacere della regolarità nel mangiare (interrompendo il circolo ossessivo di pensiero verso il controllo del cibo e delle calorie) come primo passo nel processo di guarigione: da strumento per esprimere il proprio dolore manifestato attraverso digiuno o abbuffata, a mezzo di sostentamento per garantire la propria salute e affermando la voglia di stare bene.

Nel trattamento dei DA, un valido strumento di aiuto può provenire dalla Mindfulness, pratica di consapevolezza particolarmente utile per analizzare, senza giudizio e senso di colpa, il momento presente, aiutando gradualmente a rientrare in contatto con il proprio sé ed interrompendo il circolo ossessivo dei pensieri legati. Particolarmente utile risulta una declinazione di questa pratica, che presenta un taglio specifico verso l’alimentazione: la mindful eating.

Traslata sul piano dell’alimentazione, la mindfulness insegna ad essere presenti coscientemente nel momento del pasto, attraverso i nostri sensi ed emozioni.

In questo modo non sarà possibile trasferire alcun significato estrinseco al cibo, restituendogli la sua reale funzione: nutrimento del corpo, non dell’anima.

La Mindful Eating aiuta a non essere giudicanti, soprattutto verso se stessi, poiché la consapevolezza che accompagna il momento del pasto porta ad escludere qualsiasi altro pensiero, anche quelli che rivolgiamo verso noi stessi.

Per aumentare la consapevolezza sull’argomento consiglio la visione di “The Hangry Butterflyes” (neologismo tra “hungry” – affamato e “angry” – arrabbiato” , descrivendo quella sensazione di nervosismo, rabbia e inquietudine caratteristico dei DA), un docufilm realizzato dalla regista Maruska Albertazzi che racconta la storia di ragazze tra i 14 e i 22 anni come Chiara, Giulia, Vera, Nicole, Beatrice, Emma, che condividono le proprie esperienze.

A loro si aggiunge Alessandra, dal letto di un ospedale e la cantautrice Giulia Anania, che condivide la sua musica e la sua esperienza. Intervengono inoltre esperti sul campo come il Prof. Lucio Rinaldi, psichiatra, e la Prof.ssa Silvia della Casa, endocrinologa.

Dedicare una giornata ai disturbi del comportamento alimentare è necessario per sensibilizzare le persone nei confronti di questa realtà, per affermare che una guarigione è possibile.

È un invito a non mollare!

La giornata del fiocchetto Lilla serve anche a sensibilizzare le varie figure sanitarie per poter dire a tutti: “Non siete soli, noi ci siamo”.

Dalla ricerca è emerso uno studio che ha testato gli effetti dello Shilajit sui livelli di testosterone in soggetti sani.

Il trial ha selezionato pazienti tra i 45-55 anni, ed è stato condotto in doppio cieco per 90 giorni, durante i quali ai pazienti venivano somministrate due capsule al giorno da 250mg di Shilajit.

La valutazione dei livelli plasmatici ha mostrato un aumento di testosterone totale, testosterone libero e deidroepiandrosterone (DHEAS) rispetto al placebo.

Nonostante le ricerche riportino evidenze sull’utilizzo dello Shilajit, questo rimane circondato da un alone di mistero e da una serie di controversie.

Ci sono ancora molte domande senza risposta sulla sua composizione e sui meccanismi d’azione, inoltre la raccolta dello Shilajit è un processo complesso e sensibile che solleva anche delle preoccupazioni legate alla sostenibilità ambientale, all’autenticità e purezza del composto.

Ciononostante lo Shilajit continua ad intrigare ed affascinare gli scienziati e gli appassionati di salute naturale, aprendo la strada a nuovi studi e possibili campi di applicazione, ovviamente la ricerca deve ancora continuare per poter fare chiarezza sui reali benefici di questo misterioso composto.

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