
L’utilizzo dell’olio di oliva sia in ambito alimentare che non, risale a tempi antichi: Omero nel VIII secolo a.C. lo aveva definito “oro liquido”; Ippocrate ne parlava come “la grande medicina” che veniva impiegata come rimedio per la cura di ustioni e dermatiti, ma anche per lenire i sintomi di alcune problematiche legate al tratto gastrointestinale.
Ad oggi, viene utilizzato come principale condimento dei cibi, rappresentando uno dei più importanti cardini della dieta mediterranea.
L’olio di oliva si estrae dai frutti di numerose varietà della pianta del genere Olea, in particolare della specie Olea europea, coltivata nei territori appartenenti al bacino del Mar Mediterraneo.
Dal punto di vista legislativo esiste una classificazione dei diversi tipi di olio di oliva, che può essere definito vergine quando viene ottenuto attraverso processi meccanici o fisici a temperature che non alterano il prodotto finale e nel caso in cui non abbia subito alcun trattamento ad eccezione di lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione.
A loro volta gli oli di oliva vergini, in base alla percentuale di acido oleico, possono essere classificati in:
- olio extravergine di oliva, quando la percentuale di acido oleico non è supera lo 0,8%;
- olio di oliva vergine, un olio dal gusto perfetto, la cui acidità libera non supera il 2%;
- olio di oliva lampante, il quale presenta un grado di acidità superiore al 2% ed un gusto imperfetto; non può essere consumato direttamente, ma deve essere prima sottoposto a rettifica sia per correggere il tasso elevato di acidità, sia per conferirgli un sapore più gradevole.

Per quanto riguarda l’olio di oliva, questo si ottiene tramite il taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine (diverso dall’olio lampante); questo, per essere definito tale, non deve superare l’1% di acidità.
Infine, il residuo del processo di spremitura prende il nome di sansa, dalla quale si ottiene l’olio di sansa di oliva (ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine, diverso dall’olio lampante), che presenta un’acidità non superiore all’1%.
Dal punto di vista della composizione chimica, questa viene influenzata dalle varietà dell’olivo, dal grado di maturazione, dal clima, dal periodo ed al metodo di raccolta.
L’olio di oliva è costituito da una frazione saponificabile, rappresentata dai trigliceridi, e da una frazione insaponificabile, costituita da idrocarburi, fitosteroli, vitamine liposolubili, pigmenti, alcoli alifatici superiori, alcoli triterpenici e polifenoli.
Per via della presenza di componenti che lo caratterizzano (in particolare per l’elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi, di vitamina E e di polifenoli che presentano spiccate proprietà antiossidanti), l’olio extra vergine di oliva può essere definito “alimento nutraceutico”.
Tale termine definisce “un cibo o una parte di cibo che ha effetti benefici sulla salute, inclusa la prevenzione e/o il trattamento di una malattia”.
Grazie alla sua composizione chimica, è ormai ben risaputo come l’olio extra vergine di oliva possa essere un valido alleato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, che rappresentano la più importante causa di mortalità in tutto il mondo.
I promotori di tale effetto possono essere principalmente identificati con i polifenoli (in particolare con l’oleuropeina) e con i tocoferoli (vitamina E).
Tali componenti hanno effetti positivi sulla salute poiché esercitano azioni antiossidanti (prevenendo lo stress ossidativo), antinfiammatorie e ipocolesterolemizzanti.
I polifenoli dell’olio extra vergine di oliva e la vitamina E proteggono le strutture lipidiche dall’ossidazione, salvaguardando le membrane biologiche.
Tali composti, infatti, contrastano la perossidazione degli acidi grassi insaturi presenti a livello delle membrane, talvolta innescata dai radicali liberi.
Questi possono alterare irreversibilmente la struttura chimica di alcuni componenti cellulari, in particolare il DNA, le proteine (che subiscono denaturazione e conseguenti alterazioni strutturali) e grassi, arrecando danno all’integrità delle membrane cellulari e favorendo i processi di mutagenesi e la cancerogenesi.

L’oleocantale, appartenente alla classe dei polifenoli, svolge un’azione antinfiammatoria, esercitando un’attività analoga a quella dell’ibuprofene: blocca l’enzima ciclossigenasi, responsabile della produzione delle prostaglandine, potenti mediatrici della risposta infiammatoria.
Inoltre, ai polifenoli sono ascrivibili proprietà ipocolesterolemizzanti, poiché, in sinergia con l’azione dell’acido oleico (acido grasso monoinsaturo maggiormente rappresentato nell’olio extra vergine di oliva), promuovono un abbassamento del colesterolo LDL (fattore predittivo della malattia cardiovascolare acuta) ed un innalzamento del colesterolo HDL (che al contrario viene identificato come un fattore protettivo).
Per poter beneficiare al massimo degli effetti esercitati dai componenti sopracitati, sarebbe bene utilizzare l’olio extra vergine di oliva a crudo, in modo tale da preservarne le sue proprietà nutrizionali.
Bisogna considerare che gli oli sottoposti al processo di frittura, dal momento che raggiungono il loro punto di fumo, subiscono un processo ossidativo che promuove la trasformazione degli acidi grassi insaturi in acidi grassi trans, potenzialmente cancerogeni.
Inoltre, viene favorita la produzione di acroleina, sostanza nociva poiché esercita da una parte un’azione tossica per il fegato, dall’altra un’azione irritante nei confronti della mucosa gastrica.
A tal proposito, è necessario ricordare come l’olio extravergine di oliva abbia un punto di fumo più alto rispetto agli oli di semi, che spesso vengono impiegati nelle cotture dei cibi, pertanto è meno suscettibile agli effetti negativi provocati dall’esposizione alle elevate temperature.
Inoltre, è necessario prestare attenzione alla scelta di olio extra vergine che si acquista. Infatti, come ho sottolineato nel mio libro “Nutrire la salute con la dieta mediterranea”, è sempre bene preferire un olio biologico prodotto nei piccoli frantoi.
Infatti, da una parte viene meno l’utilizzo dei pesticidi impiegati per contrastare l’azione dei parassiti; dall’altra nelle grandi aziende produttrici vengono spesso utilizzate delle sostanze chimiche che correggono i valori di rancidità dell’olio.
In più, un olio biologico è garanzia che tutti i processi adottati per la realizzazione del prodotto (dalla coltivazione della pianta fino alla messa in commercio), sono stati realizzati in un determinato territorio.
Qualora non si abbia la possibilità di acquistare un olio biologico, preferendone l’acquisto al supermercato, è fondamentale saper scegliere i prodotti giusti, avvalendosi dell’aiuto dell’etichetta.
Il primo consiglio è quello di acquistare un olio con tappo antirabbocco, che sia conservato in bottiglie di vetro scuro, in modo tale che sia protetto dall’esposizione alla luce, che può provocare fenomeni di foto-ossidazione responsabili dell’irrancidimento dell’olio e della perdita di polifenoli. È preferibile scegliere un olio extra vergine che sia ottenuto tramite la spremitura a freddo, poiché le alte temperature contribuiscono da una parte al peggioramento dei caratteri organolettici, dall’altra alla dispersione di sostanze fenoliche, vitamine e acidi grassi polinsaturi.
L’etichetta, tuttavia, può trarre in inganno il consumatore: infatti spesso è possibile leggere la dicitura “confezionato in Italia”, sebbene l’olio sia stato prodotto all’estero o comunque non con olive italiane.
Per questo motivo, è importante identificare in etichetta il luogo di produzione e quindi la localizzazione del frantoio.
È importante diffidare da oli venduti a prezzi scontati, che dovrebbero altresì destare sospetti circa la qualità del prodotto.
A conti fatti, un buon olio non dovrebbe costare meno di 10 euro al litro, poiché bisogna tener presente quelli che sono i costi di produzione per ottenere un prodotto di ottima qualità. Gli oli che si trovano al supermercato sono spesso venduti a prezzi più bassi poiché i sistemi innovativi meccanizzati per la coltivazione intensiva e raccolta delle olive riducono i costi di produzione, offrendo un prodotto sicuramente inferiore dal punto di vista qualitativo.
Delle alternative nutrizionalmente valide all’olio extra vergine di oliva sono identificabili con l’olio di canapa e con l’olio di lino.
L’olio di canapa si ottiene attraverso il processo di spremitura a freddo dei semi della pianta Cannabis sativa. Dal punto di vista organolettico, questo tipo di olio si presenta con un colore tendente al verde e con un sapore molto simile a quello delle nocciole. Sebbene la canapa e la cannabis appartengano alla stessa famiglia (Cannabis sativa L.), sono due piante distinte che presentano composizioni diverse. La differenza più notevole è la concentrazione di tetraidrocannabinolo (THC), sostanza con effetti psicotropi. Mentre la pianta di cannabis ha alti livelli di THC (fino al 28%), la concentrazione di quest’ultima nella pianta di canapa non supera lo 0,3%. Dal punto di vista nutrizionale, l’olio di semi di canapa si caratterizza per la sua alta concentrazione di acidi grassi polinsaturi (PUFA), identificabili con l’acido linoleico (omega-6) e linolenico (omega-3), presenti con un rapporto di 3:1.

È inoltre un’ottima fonte di vitamine A, B1, B2, B6, C ed E, di fitina (impiegata per il trattamento dell’anemia) e di sali minerali (in particolare ferro, calcio, magnesio e potassio). Questo prodotto esercita effetti immunomodulanti, antinfiammatori e antiossidanti. Inoltre, favorisce il transito intestinale e la regolazione dei livelli di colesterolo nel sangue.
Dalla spremitura a freddo dei semi di lino essiccati e tostati si ottiene l’olio di lino.
Per quanto riguarda la composizione chimica, l’olio presenta un’elevata percentuale di acido linolenico (40-60%), da cui derivano i principali benefici di questo prodotto, poiché a tale molecola sono attribuibili attività antinfiammatorie e vasoprotettive. Inoltre sono presenti fibre (che contrastano i problemi legati alla stipsi), sali minerali e vitamine (in particolare la E e la K), composti fenolici e fitoestrogeni. È da sottolineare come sia l’olio di lino che quello di canapa abbiano effetti positivi per il trattamento di patologie legate alla pelle, come le dermatiti, dal momento che promuove il ricambio cellulare dell’epidermide. Anche in questo caso è consigliabile il consumo a crudo di entrambi i tipi di olio per trarre il massimo dei vantaggi dai loro nutrienti, preferendo la scelta di oli biologici, in modo da evitare possibili contaminazioni da diserbanti e agenti chimici.
In conclusione, l’olio extravergine di oliva rappresenta la scelta di condimento migliore per i nostri piatti, sebbene esistano delle alternative analogamente valide in commercio.
Tuttavia, è importante che gli oli vengano consumati a crudo, in modo che il nostro organismo possa trarre vantaggio dai nutrienti presenti…e non dimentichiamo di sostenere le piccole imprese agricole, a garanzia di un eccellente prodotto!
by Rolando Alessio Bolognino
Biologo Nutrizionista in campo oncologico e di prevenzione, esperto in alimentazione sportiva. Professore a c. Master in Scienze della Nutrizione e Dietetica Clinica presso l’Università degli Studi di Roma “Unitelma La Sapienza“. Professore a c. Master in “Terapie Integrate nelle Patologie Oncologiche Femminili“ presso l’universita Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Professore a c. Master di II livello in “Medicina integrata e food management per la prevenzione e cura dei tumori“ presso l’Università degli Studi di Catania. Istruttore Protocolli Mindfulness.